giovedì 15 maggio 2008

Governo ombra. Nell'oscurità, si lavora meglio

Il dialogo. Per anni "il principale esponente del partito a noi avverso"ci ha fatti a merda. A reti unificate ci ha definiti coglioni. Voti a sinistra? Sei un coglione. Sei di sinistra? E allora sei coglione. Tu, tua madre, tua nonna, tua moglie, tua figlia. Tutti coglioni. Fino a ieri diceva che eravamo geneticamente illiberali, perché ancora, e irrimediabilmente, comunisti. E i comunisti, ricordava, portano terrore, distruzione e morte. I suoi alleati ci sono andati giù anche più pesantemente. Non sei un padano? Allora sei un fannullone, un parassita, o meglio, un terrone di merda. Forza Etna! gridavano. Col tricolore ci puliamo il culo! cantavano. Per anni hanno cercato di far fuori la classe dirigente del centrosinistra ( beh, però col senno di poi...) cavalcando storie gravissime e rivelatesi poi totalmente false, come il caso Telekom Serbia. Distraevano le masse con le false tangenti di Prodi, Fassino e Dini, per non parlare di quelle vere di Cesare Previti, braccio sinistro di Berlusconi ( il destro è il pregiudicato Marcello Dell'Utri), poi condannato a sei di carcere per corruzione in atti giudiziari. E ora, dopo tutto questo che si fa? Si dialoga. Si abbassano i toni. Si collabora proficuamente. Ma vaffanculo! Avessimo vinto noi avrebbero urlato di nuovo ai brogli, alle tasse. E giù di nuovo con le menzogne, gli insulti, le Tv manipolate per l'occasione! Vincono loro, e noi? Giù a leccare il ricco deretano. Lo facessero loro, i nostri bravi dirigenti. Ne avranno sicuramente le loro buone ragioni. Ma non lo chiedano al resto del popolo del centro sinistra. Che almeno all'onore, almeno a quello, non vuole ancora rinunciare. Perché prima di dialogare con chiunque lo definisca "coglione", pretende quanto meno le dovute scuse.

lunedì 12 maggio 2008

La Casta! Unida! Jamàs serà vencida!

E parla pure. Fresca fresca di tracollo elettorale nella "sua" Sicilia, Anna Finocchiaro parla pure. Dovrebbe ritirarsi a vita privata e lasciare il posto a gente decisamente più capace, utile e vincente, come Rita Borsellino, che rispetto a lei colse il 15% in più dei consensi. Invece no, parla. Parla perché nel Partito che si batte per la meritocrazia, lei che ha perso come pochi altri avrebbero saputo perdere, è stata premiata, e promossa a presidente dei senatori del Pd. "Inaccettabili le accuse a Schifani" dice, riferendosi all'intervista rilasciata da Marco Travaglio su Rai Tre, durante la trasmissione "Che tempo che fa". Perché inaccettabili, di grazia? Perché non "possano essere lanciate accuse così gravi, come quella di collusione mafiosa, nei confronti del Presidente del Senato, in diretta tv sulle reti del servizio pubblico, senza che vi sia alcuna possibilità di contraddittorio". Ah ecco. Non bisognava parlare delle vecchie amicizie mafiose di Schifani. Ma non perché false. Bensì perchè vere, così come testimoniano gli atti processuali ( leggi qui).


Queste cose non vanno dette perchè no. Perché la verità fa male. Ovviamente non al popolo, ma a Loro, ai politici, ai nuovi oligarchi, ai redivivi nobili dell'era moderna, che seppur seduti su banchi opposti, devono comunque difendersi dal nemico comune: il popolo. Perché se il popolo viene a sapere, si incazza, e se si incazza, sono guai seri. Non per l'una o l'altra parte, ma per tutti. Quindi, se salta fuori una piccola voce che potrebbe dare vita nel tempo a una valanga di proporzioni incalcolabili, e travolgere la Casta tutta, meglio fare fronte unito. Sopprimerla con tutta la forza possibile. Sempre così, ogni volta, perché l'hanno capito: "La Casta! Unida ! jamas serà vencida!"

Cambio di guardia nel Tempio della nostra Democrazia

Libertà, Verità, Giustizia, Uguaglianza di fronte la legge, Rispetto per le istituzioni democratiche. Esistono dei valori, dei valori assoluti, imprescindibili, sacri, intoccabili, sui quali si fonda la nostra civiltà. A cui noi tutti dobbiamo la vita. Chi li attacca, chi li violenta, non può essere lasciato fare, liquidato solo con qualche parola di indignazione e nulla più. Va fermato: ad ogni costo. Per 20 lunghissimi anni la classe dirigente del centrosinistra e del PD in particolare, non è stata in grado di assolvere a questo dovere: difendere e proteggere a spada tratta, quei valori donati in eredità dai fondatori della Repubblica. Hanno lasciato che omuncoli da strapazzo accedessero indisturbati nel Tempio dov'erano custoditi, e che ci urinassero sopra. Impuniti. E' giunta l'ora per il cambio della guardia. Chi insulta la Costituzione, la Bandiera, la Repubblica, il Presidente, la magistratura, il popolo, non può essere oltremodo tollerato. Chi stupra la democrazia e la libertà pilotando impunemente mezzi di informazione non può essere più tollerato. Chi utilizza il Parlamento per sistemare i propri affari privati non può essere più tollerato. Chi mente, non può più essere tollerato. Va fermato.


Quando nel 2004, in Spagna, il presidente Aznar osò mentire sulla paternità degli attentati terroristici che provocarono 200 vittime, il popolo del centrosinistra insorse per quell'attacco alla Verità: scese in piazza, protestò. Per giorni e per notti intere, senza mai abbandonare la piazza, manifestò incessantemente per una sola bugia, fino all'apertura delle urne. Senza paura di demonizzare o avvelenare il clima. Fecero quel che la coscienza disse loro. E, contro ogni pronostico, vinsero.

Da anni in Italia la bugia è invece divenuta sistematica. L'insulto e l'oltraggio ai valori, alle istituzioni, è la regola. Il popolo italiano, che fino a non molto tempo fa si indignava e protestava, oggi fa a malapena spallucce. Si è assuefatto al peggio. Ha scordato l'indignazione e la sua devastante capacità di smuovere la Storia. Per un certo periodo il popolo della sinistra ha provato ad opporsi. Fino a che il silenzio dei suoi leader, non l'ha indotto a tenere tutto dentro. Così è stato, ma così non dovrà più essere. Il clamoroso fallimento di questi 15 anni, autorizza il popolo della Sinistra, ad esplodere. Non a tornare a sbandierare i drappi del passato. Ma il temperamento, la tenacia nella difesa di certi valori, l'intolleranza verso ciò che è ingiusto, devono tornare quelli di un tempo.

Il PD è un ottimo contenitore per accogliere questo popolo e questo rinnovato sentimento. Questo partito è difatti il risultato di un travagliato, lungo e sincero confronto di milioni di donne e uomini. E' tutto ciò che di buono i vecchi leader ci hanno lasciato. Ora non bisogna far altro che depurarlo delle note incrostazioni, e colmarlo di nuovi contenuti. Dargli quell'identità nuova, di cui ancora non si vede traccia.

leggi anche: "Che fare?" di Marco travaglio

sabato 3 maggio 2008

Basta umiliazioni. Mani libere

E'sufficiente una sola disastrosa campagna elettorale persa, per pretendere dal proprio partito un radicale rinnovamento ai vertici? La risposta, ovviamente, è quantomai scontata: "Sì". E' la regola fondamentale della Democrazia, della politica e del vivere civile. Squadra che sbaglia, si cambia. Soprattutto se persevera per anni nell'errore. Punto.
Ma nel caso del PD, a motivare questa forte richiesta di rinnovamento proveniente da buona parte della cosiddetta base, c'è molto di più. Non solo 15 anni di fallimenti, di battaglie perse e guerre mai combattute. C'è anche l'umiliazione di aver dovuto sopportare nel silenzio più totale, le angherie e le prepotenze degli avversari: costretti com'eravamo dai nostri leader a non alzare i toni, a non demonizzare l'avversario, a non avvelenare il clima. A combattere insomma con le mani legate dietro la schiena, un nemico spietato e pronto a ogni minima bassezza. Ci hanno spiegato che in questo modo avremmo vinto, perché la gente avrebbe compreso la nostra intenzione di creare un clima disteso e sereno. E invece no. Siamo stati presi per il culo almeno tre volte: prima dai nostri leader che ci hanno obbligati a incassare, poi dai nostri avversari che ne hanno approfittato, e infine dagli elettori che hanno preferito essere governati da gente sì scorretta e spregiudicata, ma comunque determinata, piuttosto che da deboli e mansuete mammolette.

Ora, dopo 15 anni di umiliazioni, è giunta l'ora di dire BASTA. Ora la base si è rotta le palle di perdere per niente; di essere presa in culo; di incassare; di ingoiare veleno senza poter mai rispondere a muso duro, attaccando gli avversari anche nei loro punti più delicati e scoperti. Perché non solo tutto ciò è stato drammaticamente umiliante, ma anche politicamente ed elettoralmente fallimentare. A sinistra, tra la base, tra gli irriducibili difensori della Democrazie e della Repubblica, c'è voglia di combattere, di prendere posizione. Di avere le mani libere. Non per rispondere alle bassezze con altre bassezze. Ma quantomeno per tornare a difendere con i denti, col fuoco negli occhi, i valori in cui crediamo. Quei valori che ad oggi abbiamo sacrificato sull'altare del dialogo ad ogni costo, reprimendoli, fino a dimenticarli.

Ambigui o incapaci. Comunque da cambiare

Con la schiacciante vittoria dello scorso 14 aprile, il "Ventennio forzista" ha reclamato i suoi ultimi cinque anni di vita, per portare a compimento il lavoro inaugurato nel 1994. Quindici anni di oblio, di subliminale e martellante bombardamento mediatico, che hanno scientemente traghettato un'intera nazione ed un popolo intontito e imbonito, verso lo sfascio e il capovolgimento sistematico del suo Codice etico, della sua Moralità, della Giustizia, della Verità, della Libertà. Il tutto, e questo è l'aspetto più inquietante, di fronte a un anomalo, quasi equivoco atteggiamento delle cosiddette "opposizioni" di centrosinistra, che si sono sempre ben guardate dal contrastare seriamente e con decisione, tutto questo. Inseguendo anzi nelle sue corde più abiette il regime berlusconiano, e limitandosi a qualche inevitabile polemica di facciata.

Un'opposizione insomma inspiegabilmente morbida, dolce, blanda, che ha trattato Berlusconi quasi fosse un comunissimo leader politico, e non invece il cancro della nostra già fragile democrazia; che non ha mai intaccato il suo illegale potere mediatico; che non ha mai fatto leva sulle sue innumerevoli grane giudiziarie, correndo anzi a tappare la bocca alle inevitabili voci fuori dal coro, tacciate finanche di "giustizialismo" ( quasi come se pretendere giustizia, fosse un abominio, un'offesa, e non un diritto).


Per quasi vent'anni la parola d'ordine è stata: "non demonizzare l'avversario". Laddove per "demonizzazione" si intende semplicemente "raccontare la verità". Quindi: vietato dire la verità. Vietato parlare dei rapporti con la mafia, delle tangenti, delle corruzioni giudiziarie, dei bilanci falsati, delle televisioni abusive. Perché altrimenti si avvelena il clima. Perché l'uomo con le sue passioni, e la sua fedina penale, sono cosa diversa e distinta dal politico e dal suo progetto. Perché se un pedofilo si candida e promette meno tasse e più lavoro, bisogna ascoltarlo, e discutere del suo progetto politico: non di quando stuprava bimbe e bimbi di sei anni.

Un modo inedito e inusuale di concepire il confronto politico, che per nostra fortuna non ebbe seguito ai tempi del fascismo. Quando le forze della Resistenza si guardarono bene dal "non demonizzare l'avversario", dal "non avvelenare il clima", e imbracciando i fucili ricacciarono con forza il demonio, dritto nell'inferno dal quale era sbucato.

Ciò ovviamente non significa che per combattere Berlusconi e il suo regime fosse necessaria una nuova guerra civile. Ma quantomeno che i leader del centrosinistra, e non solo i soli rarissimi giornalisti illuminati, dicessero la verità sul suo conto, senza paventare la falsa necessità di "non avvelenare il clima". Perché tenere fuori dalla campagna elettorale, sottacere al Paese, così come si è fatto, che il potere mediatico di uno dei candidati al governo dell'Italia è illegale; che il fondatore del suo partito è condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa; che una sua azienda ( la Mondadori) fu acquistata grazie anche alla corruzione di alcuni giudici; che ospitò per due anni nella propria abitazione un mafioso; che diverse tangenti furono versate nel corso degli anni dal suo conto, all'allora leader socialista Bettino Craxi. Ecco, sottacere al popolo italiano tutte queste verità, o marchiare di "giustizialismo" chi invece vuole riportarle a galla, non significa "svelenire il clima". Bensì nascondere al proprio popolo la verità. E questo non si fà. Nè paga elettoralmente. Anzi.

A questo punto, delle due l'una: o alla base di tale atteggiamento c'è pura e semplice malafede ( complicità con l'avversario, timore di ritorsioni, ricatti); o al contrario pura e semplice buonafede. In entrambi i casi però le conclusioni a cui addivenire non cambiano. Perché una classe politica che agisce in malafede, o per 15 anni di fila ripete sempre gli stessi errori in buonafede, rimane comunque sia una classe politica inadeguata. E, di conseguenza, da sostituire.