giovedì 15 maggio 2008
Governo ombra. Nell'oscurità, si lavora meglio
lunedì 12 maggio 2008
La Casta! Unida! Jamàs serà vencida!
Queste cose non vanno dette perchè no. Perché la verità fa male. Ovviamente non al popolo, ma a Loro, ai politici, ai nuovi oligarchi, ai redivivi nobili dell'era moderna, che seppur seduti su banchi opposti, devono comunque difendersi dal nemico comune: il popolo. Perché se il popolo viene a sapere, si incazza, e se si incazza, sono guai seri. Non per l'una o l'altra parte, ma per tutti. Quindi, se salta fuori una piccola voce che potrebbe dare vita nel tempo a una valanga di proporzioni incalcolabili, e travolgere la Casta tutta, meglio fare fronte unito. Sopprimerla con tutta la forza possibile. Sempre così, ogni volta, perché l'hanno capito: "La Casta! Unida ! jamas serà vencida!"
Cambio di guardia nel Tempio della nostra Democrazia
Quando nel 2004, in Spagna, il presidente Aznar osò mentire sulla paternità degli attentati terroristici che provocarono 200 vittime, il popolo del centrosinistra insorse per quell'attacco alla Verità: scese in piazza, protestò. Per giorni e per notti intere, senza mai abbandonare la piazza, manifestò incessantemente per una sola bugia, fino all'apertura delle urne. Senza paura di demonizzare o avvelenare il clima. Fecero quel che la coscienza disse loro. E, contro ogni pronostico, vinsero.
Da anni in Italia la bugia è invece divenuta sistematica. L'insulto e l'oltraggio ai valori, alle istituzioni, è la regola. Il popolo italiano, che fino a non molto tempo fa si indignava e protestava, oggi fa a malapena spallucce. Si è assuefatto al peggio. Ha scordato l'indignazione e la sua devastante capacità di smuovere la Storia. Per un certo periodo il popolo della sinistra ha provato ad opporsi. Fino a che il silenzio dei suoi leader, non l'ha indotto a tenere tutto dentro. Così è stato, ma così non dovrà più essere. Il clamoroso fallimento di questi 15 anni, autorizza il popolo della Sinistra, ad esplodere. Non a tornare a sbandierare i drappi del passato. Ma il temperamento, la tenacia nella difesa di certi valori, l'intolleranza verso ciò che è ingiusto, devono tornare quelli di un tempo.
Il PD è un ottimo contenitore per accogliere questo popolo e questo rinnovato sentimento. Questo partito è difatti il risultato di un travagliato, lungo e sincero confronto di milioni di donne e uomini. E' tutto ciò che di buono i vecchi leader ci hanno lasciato. Ora non bisogna far altro che depurarlo delle note incrostazioni, e colmarlo di nuovi contenuti. Dargli quell'identità nuova, di cui ancora non si vede traccia.
leggi anche: "Che fare?" di Marco travaglio
sabato 3 maggio 2008
Basta umiliazioni. Mani libere
Ora, dopo 15 anni di umiliazioni, è giunta l'ora di dire BASTA. Ora la base si è rotta le palle di perdere per niente; di essere presa in culo; di incassare; di ingoiare veleno senza poter mai rispondere a muso duro, attaccando gli avversari anche nei loro punti più delicati e scoperti. Perché non solo tutto ciò è stato drammaticamente umiliante, ma anche politicamente ed elettoralmente fallimentare. A sinistra, tra la base, tra gli irriducibili difensori della Democrazie e della Repubblica, c'è voglia di combattere, di prendere posizione. Di avere le mani libere. Non per rispondere alle bassezze con altre bassezze. Ma quantomeno per tornare a difendere con i denti, col fuoco negli occhi, i valori in cui crediamo. Quei valori che ad oggi abbiamo sacrificato sull'altare del dialogo ad ogni costo, reprimendoli, fino a dimenticarli.
Ambigui o incapaci. Comunque da cambiare
Un'opposizione insomma inspiegabilmente morbida, dolce, blanda, che ha trattato Berlusconi quasi fosse un comunissimo leader politico, e non invece il cancro della nostra già fragile democrazia; che non ha mai intaccato il suo illegale potere mediatico; che non ha mai fatto leva sulle sue innumerevoli grane giudiziarie, correndo anzi a tappare la bocca alle inevitabili voci fuori dal coro, tacciate finanche di "giustizialismo" ( quasi come se pretendere giustizia, fosse un abominio, un'offesa, e non un diritto).
Per quasi vent'anni la parola d'ordine è stata: "non demonizzare l'avversario". Laddove per "demonizzazione" si intende semplicemente "raccontare la verità". Quindi: vietato dire la verità. Vietato parlare dei rapporti con la mafia, delle tangenti, delle corruzioni giudiziarie, dei bilanci falsati, delle televisioni abusive. Perché altrimenti si avvelena il clima. Perché l'uomo con le sue passioni, e la sua fedina penale, sono cosa diversa e distinta dal politico e dal suo progetto. Perché se un pedofilo si candida e promette meno tasse e più lavoro, bisogna ascoltarlo, e discutere del suo progetto politico: non di quando stuprava bimbe e bimbi di sei anni.
Un modo inedito e inusuale di concepire il confronto politico, che per nostra fortuna non ebbe seguito ai tempi del fascismo. Quando le forze della Resistenza si guardarono bene dal "non demonizzare l'avversario", dal "non avvelenare il clima", e imbracciando i fucili ricacciarono con forza il demonio, dritto nell'inferno dal quale era sbucato.
Ciò ovviamente non significa che per combattere Berlusconi e il suo regime fosse necessaria una nuova guerra civile. Ma quantomeno che i leader del centrosinistra, e non solo i soli rarissimi giornalisti illuminati, dicessero la verità sul suo conto, senza paventare la falsa necessità di "non avvelenare il clima". Perché tenere fuori dalla campagna elettorale, sottacere al Paese, così come si è fatto, che il potere mediatico di uno dei candidati al governo dell'Italia è illegale; che il fondatore del suo partito è condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa; che una sua azienda (
A questo punto, delle due l'una: o alla base di tale atteggiamento c'è pura e semplice malafede ( complicità con l'avversario, timore di ritorsioni, ricatti); o al contrario pura e semplice buonafede. In entrambi i casi però le conclusioni a cui addivenire non cambiano. Perché una classe politica che agisce in malafede, o per 15 anni di fila ripete sempre gli stessi errori in buonafede, rimane comunque sia una classe politica inadeguata. E, di conseguenza, da sostituire.